Ristrutturazione Edilizia demolizione e ricostruzione
- Avv Aldo Lucarelli
- 4 ore fa
- Tempo di lettura: 6 min
Quando si configura la ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione?
Oggetto del presente giudizio è rappresentato dalla contestazione dei presupposti giuridici affinché possa configurarsi la nozione di ristrutturazione edilizia, come prevista dall’art. 3 co. 1 lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001, modificato dall’art. 30 co. 1 lett a) del d.l. n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, secondo cui
“Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, l’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013, in quanto norma irretroattiva, si applica per il futuro “se in ed in quanto i fatti presupposti si siano inverati, tutti, nel vigore delle nuove disposizioni.
Di conseguenza, deve ritenersi che solo in relazione ad edifici crollati o demoliti in epoca successiva alla entrata in vigore della legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69/2013, sarebbe possibile che ne sia assentita la ricostruzione (non contestuale) come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, come modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a) del D.L. n. 69/2013” (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 616 dell’8 gennaio 2023).
Ritiene invero il Consiglio di Stato 2857/2025 che la riferita impostazione ermeneutica non possa essere condivisa, in quanto l’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013 (che ha modificato l’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001) non si applica necessariamente agli edifici crollati o demoliti in epoca successiva alla entrata in vigore della norma.
Retroattività della normativa in tema di demolizione e ricostruzione
Come precisato anche dalla Corte di Cassazione (cfr. Sezioni Unite 28 gennaio 2021, n. 2061) la “retroattività normativa, infatti, è da apprezzarsi come sussistente allorquando una disposizione di legge introduca, sulla base di una nuova qualificazione giuridica di fatti e rapporti già assoggettati all'imperio di una legge precedente, una nuova disciplina degli effetti che si sono già esauriti sotto la legge precedente, ovvero una nuova disciplina di tutti gli effetti di un rapporto posto in essere prima dell'entrata in vigore della nuova norma, senza distinzione tra effetti verificatisi anteriormente o posteriormente alla nuova disposizione, pur essendo possibile separare ontologicamente gli uni dagli altri e non sussistendo tra i medesimi un rapporto di inerenza o dipendenza.

Ristrutturazione Edilizia demolizione e ricostruzione: Non è dato, invece, ravvisare la retroattività di una norma allorché essa disciplini status, situazioni e rapporti che, pur costituendo lato sensu effetti di un pregresso fatto generatore (previsti e considerati nel quadro di una diversa normazione), siano distinti ontologicamente e funzionalmente (indipendentemente dal loro collegamento con detto fatto generatore), in quanto suscettibili di una nuova regolamentazione mediante l'esercizio di poteri e facoltà non consumati sotto la precedente disciplina”.
Nel caso di specie, la norma è intervenuta sulla qualificazione di un intervento edilizio, quello di ristrutturazione edilizia, applicabile a tutte le condotte, facoltà e poteri che non si sono ancora consumati integralmente sotto la precedente disciplina.
Ne consegue che la norma si applicherà sia agli edifici (già) crollati o demoliti alla data di entrata in vigore della norma, sia a quelli crollati o demoliti successivamente all’entrata in vigore della norma medesima, sempre che, dopo l’entrata in vigore di quest’ultima, vengano posti in essere gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Non assume alcun rilievo, ai fini della retroattività della norma, la considerazione che prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 69 del 2013, la ristrutturazione edilizia presupponeva una particolare relazione di continuità tra edificio preesistente ed edificio risultante dalla ristrutturazione, in maniera tale che le due operazioni, cioè la demolizione e la ricostruzione, avvenissero in un unico contesto.
Leggi pure:
La circostanza che l’art. 30, comma 1, lett. a) del d.l. n. 69 del 2013 abbia inciso sul requisito della continuità tra crollo/demolizione e ripristino, anche consentendo di realizzare, come ristrutturazione edilizia “gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”, cioè quegli interventi in cui la ricostruzione/ripristino non è necessariamente già programmata al momento in cui l’edificio preesistente viene demolito o crolla, non impedisce di applicare la citata norma anche agli edifici già crollati o demoliti al momento dell’entrata in vigore della norma medesima.
Leggi pure
La ristrutturazione edilizia riguarda, infatti, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e tra questi interventi si annoverano anche quelli di ripristino di un edificio attraverso la sua ricostruzione, indipendentemente dalla circostanza temporale, irrilevante ai fini dell’applicazione della norma, che l’edificio non sia ancora crollato al momento della entrata in vigore della norma medesima.
Ciò che conta è che l’intervento di ripristino dell’edificio avvenga dopo l’entrata in vigore della norma, restando irrilevante la circostanza che riguardi edifici “eventualmente [già] crollati o demoliti”.
Leggi pure:
L’utilizzo dell’avverbio “eventualmente” conferma che il crollo o la demolizione dell’edificio possono anche essere già avvenuti al momento dell’entrata in vigore della norma, ma tale aspetto non rappresenta un profilo dirimente per l’operatività della nuova nozione di ristrutturazione edilizia.
La ratio dell’intervento normativo del 2013 è, del resto, quella di allargare l’ambito applicativo della nozione di ristrutturazione edilizia, ricomprendendovi tutti gli interventi di ripristino di edifici o parti di essi:
a) già crollati o demoliti all’atto dell’entrata in vigore della norma;
b) crollati o demoliti successivamente all’entrata in vigore della norma;
c) non necessariamente crollati o demoliti.
Peraltro, l’elemento che distingue la ristrutturazione edilizia dalla nuova costruzione è la preesistenza del manufatto e la possibilità di pervenire ad un organismo in tutto o in parte diverso da ciò che già esiste, elementi che sussistono anche in relazione agli edifici crollati o demoliti prima dell’entrata in vigore della norma, purché, come precisa la norma, sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
L’essenza della nozione di ristrutturazione edilizia è che l’intervento deve agire sull’edificio preesistente al fine di dare continuità all’immobile pregresso, crollato o demolito. In altre parole la ristrutturazione edilizia non può mai prescindere dall’obiettivo di recupero del singolo immobile che ne costituisce oggetto. Anche la giurisprudenza amministrativa, nel definire il concetto di ristrutturazione edilizia, ha costantemente ribadito che gli interventi descritti dall'art. 3, lettera d) devono iscriversi pur sempre in un'attività di recupero sul patrimonio edilizio "esistente", il cui limite è segnato appunto dalla preesistenza di un manufatto da ristrutturare o risanare, ossia di un "organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura" (Cons. Stato, Sez. II, 15 dicembre 2020, n. 8035). La finalità "conservativa" sottesa al concetto di ristrutturazione postula, pertanto, la possibilità di individuazione del manufatto preesistente come identità strutturale, già presente nella realtà materiale quale specifica entità urbanistico- edilizia esistente nella attualità. Deve, cioè, trattarsi di un manufatto che, a prescindere dalla circostanza che sia abitato o abitabile, possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale, in relazione anche alla sua destinazione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 24 ottobre 2020, n. 6455).
Solo nella nuova costruzione vi è, quindi, un quid novi rappresentato da un manufatto dapprima non esistente. Sempre di nuova costruzione e non di ristrutturazione si dovrà parlare qualora la ricostruzione di un intero fabbricato, diruto da lungo tempo e del quale residuavano, al momento della presentazione dell'istanza del privato, solo piccole frazioni dei muri, di per sé inidonee a definire l'esatta volumetria della preesistenza, in quanto l'effetto ricostruttivo così perseguito mira non a conservare o, se del caso, a consolidare un edificio comunque definito nelle sue dimensioni, né alla sua demolizione e fedele ricostruzione, bensì a realizzarne uno del tutto nuovo e diverso. In buona sostanza, il rilascio di un titolo edilizio per procedere alla ristrutturazione è subordinato alla possibilità di individuare, in maniera pressoché certa, l'esatta cubatura e sagoma d'ingombro del fabbricato su cui intervenire; solo se è chiara la base di partenza, è possibile discutere l'entità e la qualità delle modifiche apportabili (Cons. Stato, Sez. V, 3 aprile 2000, n. 1906 e CdS 2857/2025)
Comentários