Abusi frazionati ed immobili ante 67
- Avv Aldo Lucarelli
- 12 mar
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Il Consiglio di Stato nella decisione del 13/12/2022, n.10902, ha così riepilogato il regime giuridico delle opere edilizie realizzate ante 1° settembre 1967:
<11.1. Limitazioni e prescrizioni all'edificazione connesse a determinazioni della pubblica autorità erano previste già in nuce nella L. n. 2359 del 1865, artt. 86 - 92 (dunque anche anteriormente alla L. 1150/42 l'obbligo di licenza edilizia poteva essere già stato disciplinato da regolamenti edilizi comunali), e vennero poi codificate, in via generale, dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150 - legge urbanistica - che, all'art. 31, impose di richiedere apposita licenza per l'esecuzione di nuove costruzioni, l'ampliamento di quelle esistenti, la modifica di struttura o dell'aspetto, limitatamente alle opere eseguite all'interno dei centri abitati (per come identificabili attraverso appositi provvedimenti di perimetrazione - verificabili, a posteriori, ancorché adottati ex art. 17 della legge 6 agosto 1967 , n. 765- ovvero, in carenza, secondo la giurisprudenza, facendo ricorso a dati fattuali ed empirici: es., Cons. St., sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3656) e, in presenza di piano regolatore comunale, anche nelle zone di espansione "di cui al n. 2 dell'art. 7" (ossia nelle zone "destinate all'espansione dell'aggregato urbano").
L'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, introdusse l'obbligo generalizzato della licenza edilizia per tutti gli interventi edilizi (intesi quali nuove costruzioni, ampliamenti, modifiche e demolizioni di manufatti esistenti, nonché opere di urbanizzazione) eseguiti sul territorio comunale. >.
Per cui <non qualsiasi area ricompresa del piano regolatore generale poteva ritenersi soggetta all'obbligo di previo rilascio di licenza edilizia, espressamente imposto dalla L.U. solo per costruire all'interno dei centri abitati e nelle zone di espansione dell'aggregato urbano>
Quindi in tema di abusi frazionati negli immobili realizzati ante 1967 trova, in tal caso, applicazione il pacifico principio giurisprudenziale secondo il quale la valutazione dell'opera,
ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell'attività edificatoria nella sua unitarietà,
non potendosi considerare separatamente i singoli componenti, al fine di evitare elusioni del regime dei titoli abilitativi edilizi attraverso la suddivisione artificiosa dell'attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale.
Alla stregua di tale principio, ove la parte avesse realizzato aperture o allargamenti di finestre, le stesse sarebbero state inquadrate nel proprio regime edilizio, ancorché in presenza, nella stessa unità, di altri abusi; ma poiché le stesse sono state realizzate nell’ambito della creazione ex novo di un piano abitabile, è evidente che le singole opere funzionali a tale disegno non possono essere spezzettate per essere ricondotte ai vari regimi abilitativi.

Trova quindi applicazione, nel caso in questione, il principio (di recente riaffermato da questa Sez.II con sentenza n.2321 del 11/3/2024) secondo il quale la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate; né è data la possibilità di scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni; rimanendo quindi irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato. CdS 4191/2024
Avv Aldo Lucarelli
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