Servizio Idrico Integrato ed il conguaglio tariffario
- Avv Aldo Lucarelli
- 2 set
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La Corte di Cassazione con la sentenza a sezioni unite n. 167/2025 ha statuito che
«In tema di servizio idrico integrato, i conguagli che il gestore può richiedere, a norma dell’art. 31 della delibera AEEGSI 643/2013/R/idr del 27 dicembre 2013, e che dovevano essere oggetto di liquidazione e approvazione da parte degli Enti d’Ambito o dagli altri soggetti competenti entro il 30 giugno 2014, ricomprendono le sole somme che potevano essere addebitate agli utenti in ragione della disciplina tariffaria contenuta nel d.m. 1 agosto 1996 con cui è stato istituito e regolamentato il ‘metodo tariffario normalizzato’».
Per affrontare la questione, deve muoversi dal rilievo per cui il metodo normalizzato, in vigore nel periodo che qui interessa (anni dal 2005 al 2011), pur prevedendo un tetto tariffario, conteneva meccanismi atti a consentire il recupero dei costi e le variazioni del corrispettivo del servizio che consentivano di raggiungere il livello atteso dei ricavi.
Si è già visto che l’art. 13, comma 2, della l. n. 36 del 1994 prevedeva una tariffa che comunque assicurasse «la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio». Sul piano dell’attuazione della normativa primaria è da sottolineare, poi, come la metodologia introdotta col d.m. 1 agosto 1996, «pur imperniata sul principio del price cap, si pone nell’ambito della prospettiva delineata [dall’]art. 154 d.lgs. n. 152 del 2006, richiedendo che siano comunque coperti integralmente i costi e gli investimenti del gestore (artt. 1 e 3), sebbene l’incremento tariffario conseguente debba avvenire nel rispetto del limite stabilito nell’art. 5 del decreto ministeriale» (Cons. St. 12 maggio 2016, n. 1882).

In particolare, soggiunge la Corte, in base al «metodo tariffario normalizzato» la tariffa doveva coprire i costi operativi, gli ammortamenti e la remunerazione del capitale investito e poteva variare di anno in anno in ragione, oltre che del tasso di inflazione programmato, di un fattore «k» con cui veniva identificato il limite di prezzo che consentiva alle tariffe di crescere o di diminuire in base agli obiettivi del regolatore.
L’art. 8 del d.m. 1 agosto 1996 considerava inoltre espressamente sia la revisione triennale per la verifica dei miglioramenti di efficienza per la verifica della corrispondenza della tariffa media rispetto alla tariffa articolata, per la verifica del raggiungimento dei traguardi di livello di servizio ovvero dell'effettuazione degli investimenti, sia la possibilità, da parte dell’Autorità d’Ambito, di intervenire nel caso di significativi scostamenti dalle previsioni del piano finanziario in ordine: i) al raggiungimento dei livelli di servizio previsti dal piano anche a seguito dei relativi investimenti; ii) alla corrispondenza tra l'incasso derivante dall'applicazione della struttura tariffaria e l'incasso previsto per effetto della tariffa media stabilita nella convenzione di gestione; iii) alla rispondenza dei costi operativi alle variazioni strutturali della produzione e della distribuzione.
In tal modo, il metodo normalizzato contemplava elementi correttivi che rendevano possibile la revisione del prezzo praticato all’utente tenendo conto dell’equilibrio della gestione (e quindi del rapporto tra ricavi e costi): e sul punto la ricorrente ha evidenziato, nella sua memoria, che la Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche nella relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici del 2007 ebbe a sottolineare come il «metodo tariffario normalizzato» consentisse revisioni tariffarie atte ad assicurare al gestore il recupero di ricavi che non gli era stato possibile conseguire in ragione del price cap.
La spettanza dei conguagli di cui qui si discorre discende proprio dal mancato attuarsi delle rettifiche tariffarie.
Quanto si è detto risulta infine coerente col principio enunciato in punto di prescrizione da Cass. Sez. U. 11 ottobre 2022, n. 29593; principio secondo cui prima della determinazione delle voci di costo da recuperare, non si configura la possibilità di recupero e, quindi, la possibilità di esercitare il relativo diritto, a norma dell'art. 2935 c.c.. Il diritto al conguaglio, ancorché riferito a partite pregresse, non è liquido anteriormente all’approvazione dell’Ente d’Ambito, che ― come si è visto ― doveva intervenire entro il 30 giugno 2014: prima di tale approvazione il gestore è nell’impossibilità giuridica di far valere il proprio diritto;
va quindi ribadito, in continuità con l’arresto sopra richiamato, che la prescrizione del diritto al conguaglio decorre dal frangente temporale in cui si colloca quell’approvazione
Cass. Sez. Un. Rg. 9782/21 n. 167/2025
Studio Legale Angelini Lucarelli
Avv. Aldo Lucarelli
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